Mobilità, ossia la Fenice di Milano

La parola mobilità è uno dei tanti slogan che sentiamo tutti i giorni, c’è chi pensa che mobilità sia dipingere delle strisce blu per terra e chi pensa che sia far scorrazzare monopattini ovunque. Tutti parlano di mobilità per interessi di bottega, è del tutto evidente che le concessioni ai servizi di sharing siano una fonte di reddito importante, siano esse per auto, motorini, biciclette e monopattini, quello che evidentemente manca è una visione complessiva della mobilità a Milano.

La mobilità è come la Fenice “che ci sia ognun lo dice, ove sia nessun lo sa”. Tutto nasce dall’ideologismo che ha contraddistinto le giunte Pisapia e Sala, mobilità non è fare la guerra alle auto dipingendo strisce bianche per terra che vengono chiamate “piste ciclabili”, quando al massimo possono essere definite “corsie ciclabili”.

Ciò di cui Milano ha bisogno è un sistema della mobilità multimodale integrato in cui trovino spazio tutti i possibili vettori usati dai milanesi: trasporto pubblico, auto, moto, motorini, biciclette, monopattini.

Oltre alla varietà di vettori bisogna considerare anche le specifiche tipologie di attività da svolgere, forse non è noto, ma la corsia ciclabile malamente dipinta in Corso Buenos Aires complica la vita agli esercenti di pubblici esercizi, mobilità è anche il supporto alla logistica che ogni giorno serve ai negozi di Milano.

Le improvvide iniziative della giunta Sala hanno mosso guerra alle auto, che da molti anni sono oggetto dell’ostilità della sinistra milanese. Gli ultimi parcheggi costruiti a Milano sono quelli voluti dai sindaci di Centrodestra. Il Comune guadagna soldi dalle concessioni di sharing e, contemporaneamente, ne incassa altri da una politica di multe continue che privano la città di un flusso adeguato di auto. Mobilità è agevolare ogni movimento, non creare steccati ed ostacoli d’ogni tipo. Le dimensioni esagerate delle nuove piazzole degli autobus e tram sono un chiaro esempio di ostacolo al movimento. Provate a passare nello spazio tra le rotaie e la piazzola di un tram con la vostra bici, è pericolosissimo.

Il sistema della mobilità milanese non si inventa durante la pandemia dipingendo strisce bianche senza criterio, ci vuole un processo di analisi e di ascolto del territorio che la sinistra non ha. La giunta Sala cerca disperatamente di sostenere che il grande numero di ciclisti che passerebbe in Buenos Aires è un fatto importante, i negozianti della zona protestano da tempo invano e non sono assolutamente d’accordo.

Luca Bernardo e la sua squadra, di cui mi onoro di far parte, hanno idee e competenze per impostare un lavoro del genere, ma, soprattutto, hanno la capacità d’ascolto del territorio che la sinistra rivolge solo ai suoi adepti. Non si può gestire Milano per qualcuno e contro qualcun altro, la ricerca continua dello scontro e della divisione, mascherata da “dialettica”, sono un attrito sociale che consuma energia sociale e non la crea. Non si può dividere i vettori della mobilità in buoni e cattivi, io personalmente li uso tutti, ma vorrei essere libero di usarli tutti in egual modo, vorrei potermi muovere con la rapidità necessaria e con la sicurezza che il caos attuale non garantisce. I giovani d’oggi si possono permettere solo un monopattino, che comunque può avere un costo assai elevato, è ormai un vago ricordo l’epoca in cui ogni italiano poteva permettersi una vespa, oggi già il monopattino è un mezzo di locomozione da comprare a rate per molto tempo. Coloro, invece, che hanno potuto permettersi una moto o un’auto sanno bene di aver investito le loro risorse su vettori che sono considerati in maniera ostile dal pensiero unico radical chic.

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